CENNI STORICI DEL PERIODO IN CUI E’ STATO FONDATO L’ORDINE

 

Nel 1198 si era in pieno Medio Evo, il periodo delle crociate e della jihad. I cristiani ed i musulmani si combattevano tra loro accanitamente. La loro era una guerra di predominio economico e politico, che però aveva come alibi la motivazione religiosa. Da entrambe le parti, la guerra era considerata santa; ma mentre ai caduti in battaglia era assicurato il paradiso, ben diversa era la sorte che toccava agli altri. Ai feriti e mutilati, che ritornavano in patria, li attendeva la più nera miseria (allora non c’erano né cassa mutua né assicurazioni). Per coloro che erano fatti prigionieri, ma sarebbe più corretto definirli “captivi” o schiavi, erano invece riservate umiliazioni morali e sofferenze fisiche d’ogni tipo; oltre ad essere privati della libertà fisica, come accade a tutti i prigionieri di guerra, erano umiliati anche nella dignità. Non c’è, infatti, dignità in un uomo se gli si tolgono la libertà, la cultura e la fede, specialmente se ciò accade nel nome di Dio e della religione.
I nemici sconfitti e catturati da entrambi gli schieramenti, erano da odiare e da perseguitare. L’epiteto più comune, che i due schieramenti si scambiavano, era: “Infedele”, vale a dire non seguace del vero Dio, almeno che non si “convertiva”. Il convertito, però, non godeva ugualmente di tutti i diritti, aveva, da entrambe le parti, delle limitazioni giuridiche ed era considerato con diffidenza. Inoltre gli ex correligionari lo ritenevano un traditore della fede, e quindi di Dio; anche perché la stragrande maggioranza di quelle conversioni non erano spontanee, ma imposte dalla coercizione o, ancor peggio, dalla paura.
Tra una crociata e l’altra, le due fazioni compivano atti di pirateria nelle terre degli avversari, per distruggere selvaggiamente e fare prigionieri. 
Questo stato di cose procurava una gran miseria diffusa nelle masse della gente comune. Anche la povertà costituisce un pericolo per la dignità e per la fede se diventa indigenza di massa e se ad essa si contrappone la ricchezza, basata su privilegi ed abusi, di alcuni ceti.
All’indigenza del popolo si contrapponevano, però, il lusso dei nobili e l’ostentato benessere del clero. Dalla base della Chiesa sorsero prima frange scismatiche, denominati movimenti “Pauperistici” (Catari, Albigesi e Valdesi), che condannavano e combattevano l’eccessivo arricchimento del clero; in seguito lo Spirito Santo, che guida e governa la Chiesa, ispirò personaggi della levatura morale di S. Giovanni de Matha, di S. Francesco d’Assisi, che fondò l’Ordine dei Minori o francescani (1209/10), di S. Domenico di Guzman, che fondò l’Ordine de Predicatori o domenicani (1216) e di S. Pietro Nolasco, che fondò l’Ordine dei Mercedari, anch’esso per il riscatto degli schiavi (1218). Questi quattro santi rinnovarono la Chiesa riportandola alle origini del Vangelo, che consiglia ai seguaci di Cristo la povertà.
L’Ordine della santa Trinità e degli schiavi fu la risposta della Chiesa di Dio al suo popolo,  contro il sopruso di coloro che detenevano il potere e lo esercitavano in modo ingiusto e scorretto. La Chiesa è sempre protetta e guidata da Dio, e lo Spirito Santo sa come ispirare le persone adatte al momento giusto.
L’Ordine trinitario non fu fondato come istituzione filantropica o come associazione assistenziale, che guardano all’uomo come tale; ma come opera religiosa, che considera l’uomo immagine e somiglianza di Dio. Esso abbraccia nel suo carisma Dio e l’uomo, ogni singolo uomo; non l’uomo come membro della società.
“Nel nome della santa ed individua Trinità” è scritto nel prologo della Regola che sancisce lo stato di vita dei frati dell’Ordine, alla Trinità sono dedicate le loro case e le loro chiese. Al prossimo bisognoso ed al riscatto degli schiavi erano destinati due terzi delle entrate dell’Ordine e a loro S. Giovanni de Matha aprì le case, affiancate da ospedali ed ospizi. Così i frati dell’Ordine della santa Trinità e degli schiavi predicarono contro le frange più accanite degli eretici del loro tempi: i Movimenti Pauperistici, che si volevano rifare alla povertà evangelica in modo contestatario e spesso violento.
Alle armi affilate degli schieramenti cristiani e musulmani, i frati trinitari opposero la croce rossa ed azzurra, che fregiava il loro petto ed il braccio sinistro, diventata simbolo di libertà, per gli schivi, e di speranza per gli indigenti e gli ammalati.

Franco Citriniti