“RAPPORTO RELAZIONALE E SOCIALE TRA I SOCI” – di VITO CAPASSO

RELAZIONE DEL SOCIO VITO CAPASSO ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ADEAT TENUTASI IN S.CESAREA TERME (LE) IL 29.04.2018.

“RAPPORTO RELAZIONALE E SOCIALE TRA I SOCI”

   Prima del mio intervento do a tutti i presenti speciali saluti di benvenuto.

   In passato in occasione dell’Assemblea ho avuto il piacere e l’onore di svolgere una relazione sul tema “Diversità e accoglienza”, mentre il tema di oggi verte sul rapporto relazionale e sociale tra i soci di qualsiasi associazione costituitasi con tutti i carismi.

   Partendo da un principio filosofico basilare che l’uomo è un universo a parte, vien da sé che vivendo accanto agli altri con i loro universi nasce spontaneo il bisogno di relazionarsi gli uni con gli altri. Questo forse è il principio su cui si è basato Dio nel creare l’uomo: come il Padre ha un rapporto relazionale con il Figlio ed ambedue con lo Spirito così ha voluto imprimere nell’uomo creato a sua immagine il bisogno di relazionarsi con l’altro.

   Chiudersi nel proprio “IO” sfocia nella misantropia che è il principio della depressione. Dio ha creato l’uomo uguale all’altro con le sue emozioni, passioni ed aspirazioni che lo distinguono e lo differenziano dall’altro, altrimenti, come dice mia moglie Carmela, li avrebbe messi a vivere tutti nello stesso capannone.

   Alcuni spunti che ci parlano di questo tema affondano le radici nel Vangelo e nella Regola dell’Ordine Trinitario approvata dal Papa Innocenzo III nel 1198.

   Sono trascorsi quasi due millenni dalla stesura dei Vangeli e ben 820 anni dall’approvazione della Regola: ebbene i suggerimenti ed i dettami ivi contenuti sono come bimari sui quali il nostro treno, anche a velocità sostenuta, non potrà mai deragliare. ”Ama il prossimo tuo come te stesso” : e chi è il nostro prossimo se non le persone che incontriamo tutti i giorni? Amare significa non chiudersi nella propria dimensione egoistica e personale come suggerisce Papa Francesco. Amare il prossimo significa anche smussare alcune convinzioni personali che potrebbero scontrarsi con alcuni punti di vista della persona con cui ci relazioniamo. L’insegnamento che dobbiamo trarre dalla lettura del Vangelo è questo: nel relazionarsi con l’altro o gli altri non deve mai prevalere l’IO o il TU ma il “NOI”. Insieme si devono superare le difficoltà della vita. Tutto quel che si evince dalla vita di Gesù sta nel fatto che relazionandosi con gli Apostoli non ha mai anteposto la sua superiorità, anzi si è adeguato ad essi, ha risposto alle loro domande, ha lavato i loro piedi. Quale sublime insegnamento ha voluto dare con quella celebre frase: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” portando la Maddalena sulla retta via.

   Dalla Regola Trinitaria, noi che abbiamo avuto il privilegio di essere imbevuti degli insegnamenti ivi riportati, siamo stati formati al principio che tutte le diatribe, tutte le controversie, tutti i punti di vista contrastanti con quelli dell’altro, devono essere risolti nella cosiddetta “camera charitatis” e non devono lasciare alcuno strascico. Spesse volte cedere su alcuni spunti di discussione non significa essere deboli di carattere, anzi è il contrario. La forza non sta nell’annichilire l’altro, ma capirlo, comprendere le sue ragioni e immedesimarsi. Se co, nostro metro di ragionamento abbiamo avuto la sensazione di essere stati oggetto di qualche screzio, pretendere le scuse non è bello, anzi cercare di capire perché si è arrivati a questo è una grande prerogativa dell’uomo atta a finalizzare la stretta di mano senza alcuna acredine. Pretendere le scuse non sta né in cielo né in terra. Giovanni, il nostro Fondatore, ha bandito con la sua Regola questo concetto non chiamando i suoi seguaci monaci, eremiti o trappisti, ma FRATI che altro non è se non l’abbreviativo di FRATELLI. Considerate una famiglia in cui un fratello non capisce l’altro; lo apostrofa, l’offende e dopo non chiede scusa, ma che razza di famiglia è? E’ un covo di ratti, serpenti e animali. Se invece uno capisce l’altro, lo aiuta nelle difficoltà, dando tutto il suo affetto, allora la famiglia diventa un modello, perno della società civile.

   Questo è il vero significato del relazionarsi con l’altro. Tale concetto deve sempre animare i Soci dell’ADEAT perché solo così possono realizzarsi i progetti con il contributo di tutti sia con suggerimenti sia con l’operare.

   Concludendo auguro a tutti i presenti di avere un sano rapporto relazionale con i soci della nostra Associazione, con i familiari, i parenti e gli amici: rapporto relazionale che non deve avere come finalità il proprio tornaconto ma la felicità e la comprensione reciproca.

   Auguro a tutti un buon proseguimento della nostra Assemblea.

                        W l’ADEAT !!!

                                                                                     Vito Capasso

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